El capitalismo ha formulado su tipo ideal con la figura del hombre unidimensional. Conocemos su retrato: iletrado, inculto, codicioso, limitado, sometido a lo que manda la tribu, arrogante, seguro de sí mismo, dócil. Débil con los fuertes, fuerte con los débiles, simple, previsible, fanático de los deportes y los estadios, devoto del dinero y partidario de lo irracional, profeta especializado en banalidades, en ideas pequeñas, tonto, necio, narcisista, egocéntrico, gregario, consumista, consumidor de las mitologías del momento, amoral, sin memoria, racista, cínico, sexista, misógino, conservador, reaccionario, oportunista y con algunos rasgos de la manera de ser que define un fascismo ordinario. Constituye un socio ideal para cumplir su papel en el vasto teatro del mercado nacional, y luego mundial. Este es el sujeto cuyos méritos, valores y talento se alaban actualmente. (Michel Onfray)


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miércoles, 22 de junio de 2011

ACCOLGAMI, MADRE (2010)




Oh, madre di tutto quel che fu e di tutto quel che sarà, davanti a te io mi presento di nuovo, nudo come quando fui nato.

Tu, che accogli il seme nel tuo grembo fecondo, dove rimarrà nel buio umido mentre aspetta che si avveri il suo momento, tu, che permetti che cresca verso la luce, accolgami.
Quante volte l’ho depositato nelle tue viscere con le mie stesse mani, madre amante, ho sentito fremente il tuo ordine formidabile, la potenza generatrice che, accanto alla luce solare, transforma tutto in tesoro per gli esseri che furono e saranno.
Donatrice di vita, di tutta forma di vita, tu sei nostra madre e fratelli siamo il campagnolo umile e il sovrano altero, il fiore che abbellisce il giorno con il suo profumo e iridescenza e l’animaletto cieco che divora una carogna nel fango dello scarico.
Tu, che ci nutri tutti e non ci chiedi niente in compenso, tu, a chi tutto dobbiamo, corpo e vita quotidiana, giorno dopo giorno, equinozio dopo equinozio, hai restituito alle mie mani il raccolto che ha alimentato i miei figli e restituisci il raccolto che alimenta i figli dei miei figli.

Oh, madre di tutto quel che fu e di tutto quel che sarà, davanti a te io mi presento di nuovo, nudo come quando fui nato.
Accolgami di nuovo, fammi rimanere nel tuo buio umido mentre aspetto che si avveri il momento del ritorno e che tu mi permetta crescere verso la luce.
Tu, a cui devo tutto, perdonami il male che ti ho fatto quando ti ho ferito, quando mi sono dimenticato di essere fango nato dal tuo corpo e dalle acque che come fili trasparenti tessono cammini che uniscono il  tuo buio più profondo e mansueto con la luce solare aerea e ardente.
Accolgami, sì, transformami in tesoro, lascia che ti arricchisca e che con me tu arrichisca tutto quel che sarà, accetta adesso l’offerta del mio corpo appassito.

Oh, madre di tutto quel che fu e di tutto quel che sarà, davanti a te io mi presento di nuovo, nudo come quando fui nato.
Accolgami. Sono materia e appartengo a te.

(Traduzione di Pep Julià. Fotografia di Tona Comas)

viernes, 6 de mayo de 2011

LA MULTITUDINE (2010)

(Aldo Cardoso, Cochabamba, 2000)



Siamo come l'acqua. Una goccia sola passa inavvertita. Scivola sul muschio. Cade sul suolo e scompare verso le viscere della Terra.

Siamo così. Percorriamo le ombre. Scorriamo tra le spaccature delle rocce. Uniamo i nostri tragitti. Traversiamo le grotte. Ci riuniamo a milioni nelle volte delle profonde caverne.

Siamo così. Avanziamo unite in un solo corpo. Potenti e girevoli, sorgiamo improvvisamente alla luce ruggendo nei torrenti e nessuna roccia può oporre più la nostra resistenza.

Eppure, al nostro passaggio rinasce nei prati la verdura e insieme germoglia una infinità di fiori, gli alberi dei boschi si coprono di tenere foglie nuove e negli orti si distinguono le gemme che saranno frutti dolci e sugosi.

Siamo così. Una persona sola passa inavvertita. I signori l'ignorano. Disprezzano la sua forza. E la vita del solitario scorre nel silenzio timoroso. Ma quando la multitudine avanza unita, tremano perché si sentono deboli e timorosi.

Siamo così. I nostri tragitti uniti, siamo la multitudine che li intimida. Per questa ragione vorrebbero contenerci, canalizzarci e isolarci secondo la loro convenienza. Vorrebbero che, nel suo vantaggio, noi rimarremmo come l'acqua stagnante, in un mondo diventato putrido e malsano. Ma allora sempre sorgiamo ruggendo improvvisamente alla luce di nuovo, con una forza travolgente di fronte a cui sanno di essere impotenti, e le loro muraglie si crollano e tutto il loro mondo di oppressione si rovina fino alle fondamenta.

Eppure, quando i giorni di collera e la devastazione rimangono indietro, e scivoliamo liberamente, portiamo anche la bellezza della primavera a tutti gli angoli della Terra.

Siamo così. Come l'acqua. Umile e invincibile. Veramente potenti.


(Testo integrato nell’installazione Los guerreros del agua, d’Aldo Cardoso, presentata nel contesto della mostra collettiva Aigua, una mostra fotogràfica, Amics de les Arts i Joventuts Musicals, Terrassa, 2011. Traduzione di Pep Julià.)